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Il Test per la misurazione della Personalità - tam tam 19 - 2003

di Marco Pacifico e Paolo Augugliaro

Sebbene da qualche decennio a questa parte i test di personalità siano entrati a pieno regime nella pratica valutativa aziendale e sempre di più sia aumentata la confidenza anche dei non specialisti con tali strumenti, non sempre l’utilizzo che di tali supporti si riscontra può dirsi veramente corretta. Anche a motivo di una non completa conoscenza delle loro caratteristiche o dei criteri di valutazione della validità scientifica, non è rara la scelta di strumenti poco testati sul piano sperimentale o un utilizzo improprio degli stessi in rapporto allo scopo.

Obiettivo del presente contributo è quello di fornire qualche spunto di riflessione su questo delicato tema che possa tornare utile a chi usa tali strumenti in azienda per scopi selettivi o di valutazione delle potenzialità.

TIPOLOGIE DI TEST

Un primo elemento da considerare fa riferimento alle tipologie di test esistenti per la misurazione della personalità. Seppure al riguardo le modalità di classificazione siano molteplici, è piuttosto ricorrente e diffuso dividere tale tipologia di reattivi in due grossi filoni: i Test Proiettivi ed i Questionari di Personalità. Mentre i Test proiettivi, per gran parte derivanti dal mondo clinico, propongono degli stimoli ambigui come delle macchie di colore, delle figure, o delle frasi incomplete, che la persona è invitata ad interpretare o a completare nel modo che ritiene più opportuno, i Questionari di Personalità, in parte derivanti dal mondo psichiatrico ed in parte da quello della psicologia generale, propongono delle frasi o degli aggettivi, che, chi risponde, deve contrassegnare, marcando una risposta già precostituita. La differenza tra le due classi è piuttosto rilevante, poiché, mentre nel primo caso le persone sono lasciate libere di dare la risposta che meglio credono, "proiettando" all’esterno e cioè nella risposta stessa, la loro personalità, le loro paure ed i loro bisogni, nell’altro caso le persone sono chiamate ad auto descrivere il proprio modo di essere e di reagire agli eventi, evidenziando quanto le frasi proposte siano vere per loro. E’ intuitivo che se la prima tipologia di test offre degli indubbi vantaggi sul piano della profondità dell’indagine e non pone problemi di una falsa auto descrizione da parte dei valutati, essa tuttavia si presta ai problemi dell’interpretazione, non essendoci limiti alla varietà delle risposte che le persone possono fornire e non essendo così facile fornire di conseguenza delle modalità di classificazione così ampie da catalogare in modo obiettivo tale varietà. Se la seconda tipologia di test risolve tali problematiche, essendo le risposte già precostituite e ben interpretabili sul piano statistico, essa tuttavia si presta ai problemi della possibilità di una contraffazione dell’auto descrizione e della minore profondità dell’indagine. Quale delle due tipologie è migliore? Al di là di una valutazione di quale sia la tipologia migliore vi è il problema di cosa sia più opportuno utilizzare. Essendo il contesto organizzativo vincolato dalla necessità di avere dati obiettivi oltre che da leggi (come ad esempio lo statuto dei lavoratori o la privacy) che impediscono di indagare troppo a fondo nella psiche dei dipendenti, è gioco forza che, se pure i test proiettivi possano essere, per loro natura, più interessanti, essi tuttavia mal si prestano ad un utilizzo sereno nel contesto organizzativo. E’ proprio per questa ragione che in Azienda si utilizzano solo, o per gran parte, i Questionari di Personalità in luogo che i Test Proiettivi.

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